Il bene che possiamo farci

E queste sono le mie montagne, con meraviglia, per sempre.

Mando cartoline dai miei paesi, con la memoria di una pienezza che oggi non c’era. Oggi il cielo era pesante, di primo inverno, premeva verità che erano rimaste incastrate nel cuore.

Così è ripassata sotto la puntina dei pensieri più volte la conversazione che abbiamo avuto ieri, di fretta come sempre, in mezzo ad altre cose che parevano importanti. E poi ho iniziato a sentire dentro la voce roca di quando voglio parlare intimamente a me, scrivermi.

Qualcosa in quelle parole che avevamo gettato come dadi aveva agito, e dopo mi sono sentita contratta e ho dovuto ritirarmi per non dire cose a caso, parole solo per scacciare quel piccolo male che era entrato e di cui ancora non avevo in mente i confini. Ho voluto attendere occhi più tersi.

Sai, a volte, automaticamente e per distrazione, diciamo le cose che abitano più profondamente i nostri pensieri, quindi all’improvviso era uscita una frase che confessava il contrario di quel che ci stavamo dicendo, ed è stata quella la freccia, l’ho visto dopo, che mi aveva colpito. Era riuscita a penetrare sotto alle cose che capivo, dritta in quelle che sentivo, in luoghi più fondi dei pensieri. E così fuori sorridevo, ma dentro avevo iniziato a sanguinare.

Lo riconosco bene il sintomo, è il dolore che provo quando inizio a contrarre un debito con me, quando nego un male che sento, mi metto da parte, pensando di non aver diritto di dare troppo fastidio. E questo non lo voglio più fare, per me, ma, credimi, anche per te.

Quello che oggi, con il beneficio dell’attesa, mi è stato chiaro è che noi ci siamo incontrati da punti di partenza così opposti che insieme possiamo o completamente guarire o finire di ammalarci. Siamo una grande occasione, ma questa grandezza è data anche dalla delicatezza di un’operazione che va svolta senza voler mai tirare una corda più di quel che è giusto fare. Una piccola, attenta chirurgia dell’anima.

Così su quel tema scottante che ci potrà far perdere o incontrare, io ti avevo già ascoltato, con un piccolo balzo dentro al tuo cuore, avevo anche cercato di comprenderti e, come si fa con coloro a cui si vuole bene, anche di soccorrerti e di rassicurarti: non ero lì a chiedere quello che non potevi dare. Ero dalla tua parte, lo sono. E sono cresciuta e ho un mondo non fatto solo di me. Ma da quel mondo io spesso mi lascio fuori e non dicevo che dove ti faceva male dare a me faceva male non ricevere.

A che punto incontrarci? Non a metà strada, ci sono strade di cui non si può fare a metà. In una strada più alta, forse. In cui questi opposti non stanno più agli estremi, ma sono complementari e balsamo uno per l’altro. Un punto in cui ci saremo aiutati a disidentificarci dai mali antichi. Una solidarietà legittima, se non è chiedere troppo, che può fare, per me dopo moltissimi anni, Natale.

Questo compirebbe un disegno più alto, l’unico per cui vale davvero la pena attraversare e chiudere i conti passati. Ci si incontra per crescere insieme, il resto conta poco. L’amore alto, non è una questione di romanticismo. Eppure sempre questo richiede molto amore, e anche la forza di sentire con il cuore dell’altro, senza finzioni, senza voler mai strappare o voler tirare prima che il procedere non abbia già messo ali.

Di sicuro è un’operazione complessa, richiede maturità e Grazia. E noi, se lo vogliamo davvero, le possiamo trovare.

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