Vedi, non è che non ascolto le parole grandi con cui mi stringi, è che c’è una parte di me che non è più in me, una porzione del mio cuore che è volata in Cielo. Si parla tanto degli effetti lunghi di questa malattia, delle cicatrici incise nel respiro, della memoria che vaga senza avere dita per afferrare le cose, dell’energia scura che viene a visitarti quando dimentichi la porta aperta del sonno, ma non si è ancora detto che da certi viaggi, in cui si è rimasti per un po’ incastrati tra la vita e la morte, non per forza tutti i tuoi componenti scelgono di ritornare. Alcuni potrebbero essersi trovati bene in quello spazio di silenzio, lontano da tutto questo affannarsi per esistere, resistere, essere visti, ed essersi semplicemente seduti a riposare, a guardare il resto del film come fa un attore uscito di scena, divenuti spettatori.
E con quelle parti di me ti vedo quando mi abbracci forte per raggiungere il mio centro, per sentire se sono viva, vera, con te. E mi sento quando ti rassicuro che ci sono, che non tremo, che provo a fare la strada che ci attende, ma avviene da lì, da quello spazio lontano che non si può più raggiungere con le mani. Allora, volevo dirti questo: non è una vera assenza di me, non è una sottrazione, è un moltiplicarmi in spazi ampi, che vanno oltre i cerchi chiusi delle emozioni, ma sono capaci di guardare in faccia qualcosa che si potrebbe chiamare un destino.
Così ti ho scelto per questo mio tempo di dopo morte, di nuova nascita, come una cosa necessaria che ho scorto tenendo in mano la mappa grande della vita. Non avere paura delle mie solitudini, del mio nutrirmi di me, sono vecchi pensieri depositati in un diario antico di cui ho scritto tante pagine: grattando con le unghie dell’amore si farà sempre più certa la porta che ti conduce a me. Guardiamo invece insieme questa parabola di verità che siamo ora chiamati a scrivere a passo doppio. Dammi il tempo ti prendere il ritmo, di intonarmi alla danza nuova.
Sai, sono migrati in Cielo anche tanti dolori scaduti, li tenevo ormai in mano solo per proteggermi e per non rispondere quando qualcuno bussava alla mia porta. Vedi che questo mio stare in piedi diverso oggi è la parte di me cresciuta, sopravvissuta alle tempeste. Prima forse non ti avrei dato il permesso di prendermi la mano, per paura di non trovare più un giorno le tue dita intrecciate alle mie. Oggi, invece, posso chiederti pazienza per l’amore, inedito, che sto preparando per te.
(Ti ho mentito: quando sottolinei la libertà che ti ho chiesto, ci sono ancora parti di me che si scuotono. Sssssh, lasciamole riposare, non manca tanto, presto saranno anche loro in viaggio, verso più alte sicurezze).