Prima, mentre sullo schermo del cielo passavano le nuvole tra i rami spogli, intervallando i colori rosso dorati della sera, ho avuto di nuovo una certezza: la natura della vita è quella di ritornare sempre all’armonia, e l’unica cosa che dobbiamo fare e farci da parte. Togliere le dita dai pensieri e dalle cose del mondo che vorremmo controllare e lasciarla fare. Anziché creare ulteriori nodi con la mente, semplicemente fermare tutto, restare immobili a osservare il mondo che si muove, finché quel centro non si faccia stabile, terso, silenzioso.
Nei giorni scorsi di nuovo tutto era mosso, uno stare male a cui non sapevo dare radici, che si esprimeva con un fare e dire troppo che non riuscivo più ad arrestare. Quando si arriva a questo punto, è persino doloroso all’inizio trovare una postura ferma. Diviene una prospettiva di vedetta sul nostro insopportabile caos, e bisogna tenere duro con coraggio e perseveranza, prima che arrivino i primi squarci di chiarezza. Ma dopo un po’, inesorabile, la luce appare, ed emerge dai nostri meandri più profondi, quando tutto il resto si è arreso.
Di nuovo avevo iniziato a tradirmi un po’. Ad abbandonarmi. Il giorno in cui venivo a galla dalla notte in ospedale, come una legge inossidabile, mi ero scoperta a dirmi: mi voglio bene, e sono la cosa più importante che ho. Ma ci era voluto poco perché di nuovo il fiume sempre in piena del voler dissetare altri, perché così si scambia l’amore in certi miei vecchi solchi, avesse ripreso il suo corso, portandomi lontano da me.
Ma per fortuna durano sempre meno le visite agli antichi dolori. Si è creata una spinta elastica che mi richiede presto di darmi voce e ascolto, di prendermi cura di me. Ci sono esperienze che elevano per sempre l’ordine delle cose a cui dare attenzione, e così è stata per me la malattia. Così ho fermato tutto. Mi sono sottratta. Disatteso tutti gli allarmi, e ho semplicemente atteso che lo stato naturale si ristabilisse.
Mentre il mondo continuava a cercarmi, a chiedersi perché non poteva venire a far provvista nel mio cuore, persino ad arrabbiarsi, io non cessavo di non muovermi. Mi cercavano nei sentieri della vita, e io ero già in spaziose galassie.
Alla fine, quando mi sono ritrovata, anche fuori tutto era cambiato: un nuovo tipo d’amore, calmo e alto, mi aspettava in risposta all’amore che avevo riacceso in me, per me.