Cose facili e cose difficili

Ieri all’improvviso è venuta a galla una parola che cercavo da settimane. E’ arrivata mentre parlavo ai miei allievi di yoga e facevo loro l’esempio di come non sia facile comprendere quando le cose che sappiamo di noi siano originarie e quando siano conseguenze di fatti che ci hanno segnato in passato e che ci hanno costretto a rifondare le nostre mappe per salvarci. “Così – dicevo – io credevo che la mia strada fosse quella del coraggio e della capacità di stare ritirata in luoghi estremi. Invece questa è la mia zona comfort, una cosa che mi riesce facilissima. Il mio compito è scendere dalla grotta e incontrare la comunità. Non ritirarmi, ma compromettermi”.

“Compromettermi”, è particolare che questa parola sia emersa al mio primo ritorno a Milano dal giorno in cui avevo firmato la vendita della casa dove avevo vissuto 20 anni, per vivere provvisoriamente  – ma per tempo ancora indeterminato  – in una baita di legno sui colli umbri. Mentre un grosso camion depositava la mia vita in un magazzino in attesa di altre indicazioni. Temevo e desideravo di ritornare a Milano. E se mi fossi accorta che era tutto sbagliato?

Ritornare a calpestare le vie di cui conosco ancora a memoria le mappe, dormire a poche decine di metri dalla stanza che ha contenuto tante mie gioie e tanti dolori è stata una prova di crescita importante. Una parte di me avrebbe potuto pensare semplicemente di inforcare la chiave nella solita porta e dirsi: “Era uno scherzo, sono ritornata”. E allora molteplici domande non avrebbero più cercato risposta. I miei vestiti sarebbero stati piegati nei cassetti, i libri sulle mensole. Avrei aperto il frigo e cucinato la cena nella mia cucina bianca e nuova.

Ma con un’altra parte ho rinnovato il mio amore per la città e anche la scelta della distanza, come si fa con certi amori, che non finiscono perché spenti, ma perché la crescita che potevano dare l’hanno data, e bisogna procedere verso il passo che segue sul cammino. E sporcarsi di nuova vita. Compromettersi, appunto. Ed è strano che questo per me avvenga in un luogo più rarefatto di vita rispetto alla densità della città. Ma in una città si può benissimo stare soli senza essere notati. In mezzo a un bosco, devi per forza diventare solidale con gli alberi, gli animali, gli altri abitanti. Qui, addirittura un’intera comunità.

La vicinanza in questo luogo è più incandescente, e ha tutto il calore che mi faceva paura e con cui ora devo guarire. Prendere impegni, appartenere, dire dei sì, mettere radici, anche se elastiche e che permettono di viaggiare. Qui è il luogo in cui posso ritornare alle mie origini, per andare avanti. Perché se nella vita facciamo tante cose splendenti e non facciamo quella sola per cui la nostra anima è venuta al mondo, questa vita non sarà valsa nulla.

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