E poi bisogna imparare anche a vivere le pause. Che non si può sempre avere pensieri grandi, parole belle, incontri sorprendenti, amori che tendono la vita verso la felicità. Delle volte si riesce solo ad essere: e il corpo ha bisogno di non protendersi verso nessuna meta, la mente di far uscire non di far entrare pensieri, il cuore di non aspettare nulla e nessuno.
Ma non si tratta di stati inferiori della vita: perché l’essere è in questi momenti come il campo che riposa prima della semina, e proprio mentre sembra non produrre nulla, si sta preparando ad accogliere i semi dei nuovi giorni, di cui l’intensità a venire è in fondo solo il raccolto. Nelle pause noi siamo già la vita che saremo, e senza di esse non potremmo mai rinnovarci.
Non c’è da temere che non ritorni più il meglio che ricordiamo di noi: si dovrebbe godere anzi della beatitudine di alcuni istanti sospesi come della felicità di un libro di cui non si vorrebbe ancora raggiungere l’ultima pagina.