Preparativi per salutare l’anno. In questo periodo di solito si guarda indietro ai mesi passati, si scorrono i giorni, si fanno bilanci e propositi. E ho sentito molti liquidare il 2020 come il peggior anno di sempre. Ho deciso allora di guardarlo bene e di fare questo gioco.
Ho tracciato su un quadernetto due colonne e ho scritto da un lato le cose belle che ci sono state, dall’altro quelle che sono mancate. E ho notato quanto ci si fissi spesso sulle cose che mancano, dando per scontate invece le cose che ci sono: perché la lista di queste si è fatta lunghissima, molto più lunga dell’altra, e mi ha davvero riempito il cuore.
Ho notato poi che le cose che mancano sono per lo più di tre tipi: ci sono le cose che ad un bivio della vita non abbiamo scelto, ci sono quelle a cui non abbiamo ancora detto di sì, e quelle che invece stanno spingendo per spuntare dalla terra. E proprio perché la loro imminenza corrisponde ad un disegno giusto, si manifestano nel tempo che le precede con un senso di mancanza, di lavori in corso, o di desiderio non ancora esaudito.
E a volte qui interviene anche la voce del lamento, dell’impazienza, della tristezza. Mentre dovremmo spingerle con tutta la forza della gioia che troviamo, perché è proprio così che si manifesta il futuro: rompendo l’ordine che c’è, procurando in quel buco che si apre un appetito, lasciando che la vita naturalmente germogli in questo spazio che le abbiamo fatto.
Così ho fatto un cerchietto intorno a queste voci e in parte ho scritto: propositi e direzioni per il nuovo anno.