Prepararsi al viaggio

Adoro i cieli in movimento, e forse è stato per queste nuvole in corsa, che hanno viaggiato ieri per tutto il pomeriggio, che all’improvviso mi è venuta a galla una chiarezza. Ho sentito, per un istante con convinzione piena, che c’è, dietro e ancora prima del virus e di tutto quello che vediamo in superficie, un grande movimento globale in atto.
Un’onda che ci chiede di farci portare, senza più ripensamenti, dove dobbiamo essere, nel luogo in cui possiamo fiorire e dove ci sono le vere priorità per cui siamo qui. Anzi: due forze agiscono, c’è questa velocità che ci propone di lasciar andare la paura, gli attaccamenti, le scuse, le abitudini, i comfort con cui ci crogioliamo per non diventare noi, e dall’altra parte una terribile immobilità dove si può restare per sempre, per sempre tirando fuori nuove giustificazioni, incolpando gli altri e le situazioni.

E il nostro compito sarebbe ora soltanto quello di prepararci al viaggio, all’inatteso, a qualcosa che non avevamo ancora pensato, per poi lasciar andare l’ancora e affidarci. In questo tempo richiede quasi più forza, più azione, resistere, restare vecchi, che abbracciare il nuovo.

Non significa che dobbiamo spezzare tutto quello che è stata finora la nostra vita, la nostra quotidianità: ma avere ben chiaro cosa sia a servizio di cosa, senza più fare uno scambio di grandezze. Significa anche portare a termine quello che richiede un finale, con i tempi che servono, ma senza identificarsi troppo e avendo precisa la meta, senza farsi neppure troppe domande su come ci si approderà: che dare il nostro Sì è già abbastanza, al resto ci penserà, con meraviglia, l’universo.

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