Dialoghi con la nuova Me.

Mi chiamo Shraddha e offro tutto al cielo. Ci sono pensieri con le porte chiuse, corridoi che sfociano nel nulla, domande che attraversano l’aria come nuvole di maggio: e non cerco risposte. Osservo tutto come ombre sulla luce naturale di questa stagione sbocciata, onde sulla pace di un lago. Appena arriva la puntura di un pensiero un po’ più ostinato, per un istante cedo al passato e lo elaboro dai lati di tutte le possibili paure. Cerco con la mente di spingerlo nelle direzioni desiderate, di risolverlo a forza dentro qualcosa che sia per me sicurezza e termine dell’ansia. Ma appena lo stringo tra le mani, mi ricordo che Giulia farebbe così, che l’ha sempre fatto: reggere con la volontà il proprio cammino, contando solo su di sé. Ma Shraddha no,  allora apro i palmi e lo libero, lo lascio volare via. Lo offro al Cielo.

E’ come se ci fosse una parte di me irrequieta, fatta della mia storia, di centraline della mente che generano realtà insistenti e ripetitive, che ama raccontare le fratture del passato per ripiangerle nelle possibili cadute del presente: ma è solo una pelle che cerca di attaccare un centro che è fuori da questo tempo e lo vede. Per abitudine posso ricascare nel porre l’attenzione sulle cose di me a cui sono più abituata e rimettermele addosso come un’identità di cui ho preso la forma, una scarpa che non fa più le vesciche, poiché ci conosciamo bene. Però poi apro questa corazza e respiro, e allora anche ciò che è pesante si fa leggero, ciò che è insonne impara a riposare.

Ogni tanto mi affaccio dal davanzale di questa nuova, antica, me e guardo il panorama. Con compassione accarezzo i cespugli dei miei spaventi. Ci sono tutti i pensieri di perdita, in cui finisco per pregare di perdonarmi dei torti ricevuti, in cui rimendico di darmi ciò che è già mio, e in cui stringo tutti i nervi perché penso che non ci sia nessuno che possa farlo per me, che possa fare nulla risparmiandomi un po’ di questa salita. E ogni volta mi accolgo con dolcezza, e mi dico che è stato solo un brutto sogno, che è finito. Ascolto la brezza sulla pelle, respiro, mi apro alla vita all’insù.

Shraddha è l’amore naturale del cuore, è la forza di desiderare quest’altezza, il magnete che ti avvicina al Cielo. Ed è anche la fiducia e l’affidamento. Sono le braccia aperte a tutti i doni della vita. Ero io che mi aspettavo a questo punto per diventare Me, anche quando non lo sapevo. Il punto in cui la mente ha passato il testimone all’anima. Ora tocca a lei fare la strada.

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