Il piacere del vuoto (tesori da riscoprire nei giorni del Coronavirus)
Certo che mancano i narcisi! E c’è il pensiero che quest’anno mi sono persa le primule, il momento esatto in cui i germogli diventano fiori, e cammino invece avanti e indietro nei pochi metri quadri domestici in città.
Ma non voglio cedere al pensiero che non ci sia della bellezza in questa sospensione.
 
A Milano siamo alla terza settimana di tempo tutelato. All’inizio c’è stato lo sbigottimento, come una strada che conoscevi bene, ma che all’improvviso portava contro un muro: ogni cosa veniva fermata, senza un intermezzo per potersi abituare. Incredulità e resistenza (e il mio lavoro? come faccio adesso?).
Ma a resistere alle cose per cui non puoi fare niente finisci per farti ancora più male: bisognava cedere, accogliere, farsi morbidi. Credere che c’era una lezione da imparare.
 
E’ nato da questa accoglienza un tempo miracolato: la lucidità che avevi vissuto in un modo impossibile, che avevi bisogno di fermarti. Per fare un cibo nuovo, per leggere un libro non utile al lavoro, per mettere la lavanda ai vestiti dell’inverno. Per smettere di pensare, per lasciare che quello che viveva sommerso dietro le contratture venisse a galla: per guardare le tue paure, per splendere, per salire in spazi più ampi, più alti.
 
Poi ci è stato detto che questo tempo a statuto speciale sarebbe continuato ancora, e ancora e ancora, per tutti in tutto il Paese. Nuovi tremori, e a poco a poco si è riorganizzato un fare sotterraneo. Digitale, impersonale, a distanza di sicurezza. Sono partite anche le catene di Sant’Antonio di rimedi miracolosi, di complottisti, di profeti della tragedia. Assicuratori, corsi a distanza, streaming… Ognuno con la propria merce, e il telefono ha ripreso continuamente a vibrare…
 
Ieri ero uscita a fare provviste, e mi sono ritrovata a correre a casa per il meeting online, per le urgenze virtuali, i messaggi da rispondere… Mi sono fermata e ho visto la trappola: non stiamo imparando la lezione. Non è per stare di più sui social o per trovare nuove via di fuga che ci è stata fatta questa concessione. E non è un tempo per guadagnare materia o like, ma per avanzare con pezzi d’anima.
 
Non so bene perché abbiamo fatto arrabbiare la Natura, quale dei tanti gesti innaturali sia stato quello che ha fatto traboccare il vaso: ma è certo che c’è un’intelligenza in questo sostare. C’è un’opportunità di rivederci, di rivedere il nostro correre folle: verso dove, fino a quando? Qual è il traguardo in cui inizia poi la vita con il tempo per le cose che contano? Sì, una grande opportunità, con tutta la compassione per chi in queste ore sta male.
 
Possiamo imparare di nuovo, come forse generazioni antichissime, a guardare in faccia il vuoto: a non appoggiare l’attenzione su nulla, giusto per ingannarci che abbiamo sempre troppo da fare per essere allo stato naturale. E’ questo, non l’impellenza di quello che in questo momento non c’è più, a farci tremare.
Reimparare a riposare in noi stessi, che non lo sappiamo più fare. Senza nulla, renderlo pienissimo il vuoto: questo è il lavoro per questi giorni particolari.

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