Due devozioni

E quindi siamo arrivati a questo, a finire le parole. Le parole per dire cosa siamo, cosa sia quella cosa che ci unisce, oltre a tutti gli spigoli in cui abbiamo sbattuto il cuore. Una fratellanza, un’amicizia, un amore o un riconoscimento d’anime sono tutte cose vere, ma anche forme in cui stiamo stretti, in cui ci manca un po’ il respiro. Piuttosto, è come se una parte di me abitasse dentro il tuo corpo, e viceversa una parte di te nel mio. E fossero l’una e l’altra dirette da due motori diversi, eppure si potessero sentire in tutta l’estensione dell’essere, fino a te, fino a me, la felicità e il dolore.

Si tratta perciò di tenerci ma anche di darci una libertà sconfinata, affinché ogni parte di noi possa gioire, espandersi, fare la propria strada. Crescere o sbagliare. Divenire a proprio modo devota alla vita. E ogni giorno dobbiamo anche tranquillizzare quello che di questa libertà ha paura. Paura di perdere, di non controllare, di scolorire tra i colori del mondo. Accogliere a mani piene tutto quello che arriva, i silenzi e i momenti in cui di nuovo siamo vicini. Fare il tifo fino in fondo per la gioia che in questo modo ci scambiamo, per il nutrimento che ci dà la parte di noi che l’altro porta in giro.

E’ questo il capolinea di un lungo viaggio, in cui abbiamo provato in tanti modi a dare una voce alle nostre anime che hanno preso luce quando si sono guardate. Quando le dita si sono allungate e hanno scoperto di sentire anche quello che c’era sotto un’altra pelle. Che era lì quella parte che mancava, e che da ere, da vite, in tanti luoghi e tempi, avevamo cercato. Aspettava che finissimo di aspettare, che finissimo di sentirne la mancanza, per fare il suo viaggio di ritorno, la parte di me che è in te, quella di me che vive in te.

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