Da due giorni qui c’è una tempesta di vento, a volte anche tempesta e basta. Ed è un’esperienza sempre intensa mettersi nel mezzo di un bosco, tra i colli, guancia a guancia con il creato. E’ come se all’improvviso scadessero tutte le priorità che ho inseguito fino ad ora, protetta nel cemento di una città murata alla vita, o dove la vita passa dai cavi.
Mi pare di sentire la scorza e la sensibilità che hanno cresciuto gli alberi per resistere, per flettersi, e anche l’accettazione se è invece impossibile fare altro che spezzarsi. E tutti gli animali che cercano riparo, e cibo, e sono felici dentro il primo raggio di sole che vince le nuvole.
Credo che la natura sia la migliore maestra per ridimensionare la nostra tracotanza: la natura ti rimette al tuo posto, ti fa capire istantaneamente quanto sei piccola. E lo stesso che hai un’unica chance: muoverti con lei, non contro di lei. Il mondo non lo puoi cambiare, e in questo istante in tanti luoghi tanta vita sta resistendo, si sta flettendo, forse spezzando. Ma quello che puoi fare è sempre avere cura del pezzo di mondo che ti ospita, del presente che vivi, dello spazio in cui cammini e di chi lo abita con te.
Non puoi fermare una guerra, ma costruire un piccolo riparo per un fiore, un gatto, un ramo spezzato che ha ancora la vita dentro, quello lo puoi fare sempre, se impari di nuovo a vedere e a sentire. Ed è il compito più grande che abbiamo: amare quel che c’è, sentire che la vita è una, dentro ogni cosa.