In questo mese di agosto mi è cresciuto il cuore. Non è ancora grande come vorrei, ma qualcosa di nuovo sta nascendo, si sta facendo spazio. E’ successo come accadono i fiori e i frutti quando è la stagione. Ed è successo sopra i colli di Assisi, nella comunità spirituale di Ananda, dove i giorni hanno un senso pieno, un esito sorprendente e giusto.
Ad Ananda ogni giovedì viene fatta una speciale cerimonia di ‘purificazione’: scriviamo in un bigliettino le cose da lasciar andare e le bruciamo in una fiamma liberatrice. Ma i pesi non bruciano da soli: prima bisogna dare un vero assenso a questa libertà, ovvero l’assenso a ricevere, a mettersi nelle mani di chi sa la strada. In ginocchio, a cuore aperto, riceviamo dunque queste parole: “Apri il tuo cuore, Io entrerò e mi prenderò cura della tua vita”. Sono parole di Yogananda, la porta dell’eternità per i devoti di Ananda.
E ogni volta, ad occhi chiusi, seduta sulle ginocchia, mi capita la stessa cosa: al termine di queste parole sento una grande voglia di piangere, di rivolgere al Maestro una preghiera profonda, di scongiurarlo di prendersi i miei pesi. E sento le spalle pesanti, sovraccariche di stanchezze, ma non so come aprire veramente il cuore, come consegnargli la mia vita. Sto imparando ad offrire il mio servizio, a condividere il mio fare, ma non riesco ancora ad aprire la porta per ricevere, ad abbandonarmi totalmente tra le sue braccia.
In questo mese però è successo qualcosa. Ero arrivata alla fine del lavoro più stanca e più tesa che mai. E cercavo di controllare tutto, di convogliare ogni cosa nelle direzioni che attendevo. La tensione era arrivata ad un punto che non potevo più stringere ancora. In un giorno di dolore forte ho capito che ero al muro, che dovevo mollare. Ho sentito il cuore andare in pezzi. E la cosa incredibile era che, mentre cedevo, il dolore guariva, diventava accettabile, poteva scorrere nelle vene come un balsamo che portava via resistenze e paure. Una nuova sensazione di ampiezza, di respiro, di amore prendeva il suo posto.
Ho capito che non è davvero facile fare un vero spazio nel cuore. Spesso chiamiamo amore una forza che ci porta fuori di noi, che ci fa aggrappare a qualcosa, a qualcuno. Ma questa è una via finta, facile, e non era quello che mi stava succedendo, e neppure quello che mi era richiesto di fare. La mia espansione iniziava da un ritirarmi, da un farmi da parte. Come liberare alcuni cassetti, fare a metà dell’armadio, per far davvero entrare una forza nuova che porterà via tutto quello che prima tenevamo in un ordine inflessibile e teso. Proprio per la paura che potesse davvero entrare qualcuno.
Ora la porta non è ancora del tutto aperta, ma tengo tra le dita la maniglia, l’ho vista, e ho percepito per un istante la vastità su cui potrebbe spalancarsi. Non so quanto tempo mi servirà ancora per smettere di tendermi, di spaventarmi, di temere che dentro quello spazio privato alla fine finiscano tutti per farmi del male, ma so che davvero devo provarci e devo farlo adesso. Che senza questo amore la vita non è nulla, e ogni azione, anche bellissima, resta dentro i piccoli limiti dei miei muscoli stanchi.