A tutti coloro che vedono
creature fantastiche nelle nuvole,
fiori che volano, nelle ali delle farfalle
L’idea di questo piccolo libro è nata all’improvviso, a Londra, un giorno di settembre. Avevo accompagnato la mia nipotina, allora di 5 anni, al suo primo giorno di scuola. Avevamo attraversato insieme i ponti e i prati di un quartiere a sud della città: lei dentro la sua divisa a quadretti rossi, io dentro l’imbarazzo del mondo troppo adulto che avevo abitato da sempre. Ad un certo punto il suo nome era stato chiamato da una voce forte dentro un megafono, ed era sparita in una fila di bambini che salivano le scale.
Dietro l’ultima vetrata in cui l’avevo vista, prima che prendesse una svolta dell’infanzia, aveva alzato la mano insieme a tutti gli altri. Con il contatto dell’aria tra i palmi forse volevano portare nell’ignoto un pezzetto delle madri. Francesca non sapeva se doveva salutare anche lei, che aveva una zia a cercarla con gli occhi nel mucchietto di corpi. Era rimasta un po’ con il braccio alzato e fermo. Poi mi ha mirato con lo sguardo, ha sventolato tutte le dita a sinistra e a destra, per non essere diversa, sorridendo con la bocca, ma con gli occhi ancora incerti. Quindi la fila l’ha portata via. Quando sono ritornata nell’aula per riprenderla era un’altra. Qualcosa era finito per sempre.
Quel giorno ho capito in quanti istanti casuali dell’infanzia si consuma la nostra innocenza. Ho sentito il dolore e il coraggio che richiede diventare adulti. Ho avuto voglia di proteggerla, di attraversare io le sue sfide, e non si può.
Allora le ho dedicato un libro. A lei e a tutti i bambini che vivono ancora, inascoltati, feriti, con gioie e speranze e favole che attendono di venire a galla, dentro ognuno di noi.
L’ho scritto anche per me bambina, per quello che succedeva e non capivo mentre diventavo la donna che sono. Avessi avuto l’esperienza che ho oggi, a quella bambina avrei detto queste parole.