Sono serviti tutti questi giorni per riuscire a sgretolare la scorza dei pensieri. Erano diventati un abito così stretto, così spesso, che respiravo a fatica. E anche tutto il corpo era in sofferenza. Ho dovuto addolcirli, rassicurarli, ammorbidirli. E un po’ alla volta hanno ceduto, hanno allargato le maglie, dalle fessure sta iniziando a risplendere l’anima.
Mi è sempre più chiaro che tutto quello che chiamiamo “Io” sono in realtà pensieri. Sono le nostre preferenze, le nostre simpatie. Sono le nostre memorie passate. Sono le proiezioni e i desideri per il futuro. Sono le identificazioni del presente: sono una moglie, una madre, una figlia. Sono una giornalista, un’insegnante, una viaggiatrice.
Stiamo aggrappati a queste forme per paura di scomparire. Affolliamo il nostro tempo e il nostro spazio, per timore di quello che potrebbe apparire nel silenzio, nel vuoto. Eppure non abbiamo altro da fare nella vita che riuscire un po’ alla volta a liberarci di questi confini. Come una bolla di sapone, a far scoppiare la pellicola, per far uscire lo spazio che c’è dentro.
Ecco, questo a tratti, nella convivenza intima con la natura, nell’esposizione alle sue leggi di luce e buio, sto iniziando ora a sperimentare: che la mia vera essenza può manifestarsi solo quando mi sono almeno un po’ svestita di questa coperta di pensieri. Quando sento il respiro battere in uno spazio sconfinato che cresce dal centro spostando i limiti delle forme fino a dissolverle.
Allora lì divento pura esistenza, e intuisco che non c’è nessuna differenza in questo spazio dentro di me e dentro tutto ciò che esiste. E lì regnano pace e pienezza. E vedo bene dove inizia tutto quel che stringeva, che mi preoccupava, che difendevo, che avevo paura di perdere: ma da quel centro non può più nulla, e nulla mi può più perdere. Lì non sono più “Io”.
Così ritorno in forze nella vita, facendo l’occhiolino alla commedia in corso, facendo al meglio la mia parte, ma con gli occhi rivolti al paesaggio più grande, interiore, della verità.