Lo so, l’ho capito che sei arrivato ora, per insegnarmi una forma più alta dell’amore. Quella che davvero guarirà il mio cuore.
Vedi, per tanto tempo mi ero immaginata come sarebbe stato. Mi ero creata dei sogni su misura che avrebbero invertito il dolore che c’è stato, che avrebbero chiuso per sempre i buchi del passato. Ci credo profondamente: di qui bisogna andarsene con più parti possibili riparate. Che poi non c’è più tempo, e si deve ritornare, chissà tra quanto, ricominciare daccapo.
Ma pensavo che il male trasmutato in bene fosse un regalo con il fiocco da scartare. Invece questa sarebbe stata un’altra resa, un finto luogo di riposo. E mi è chiesto di più: di trasformare i tagli del dolore non di chiuderli. Di farli diventare strade aperte, dove possa scorrere libera la vita. Lì, in questo mondo fluido, mi stai portando un poco al giorno. Strappando parti piccolissime di quei lembi che hanno patito. Non consolandoli o avendone pietà.
Di là di questi strappi ci sono luoghi in cui si arriva senza mappe, solo per la voglia di conoscere, di camminare. E lì tu mi chiedi di non aver paura. Di non chiederti di rassicurarmi, di non farlo io con te. Di non darti appuntamento, di non chiedertelo. Eppure, senza essercelo detto, ogni sera ci troviamo nello stesso posto, alla stessa ora, a stupirci che sia successo ancora.
Mi chiedi di imparare ogni volta un amore fresco di giornata, che non cerchi giustificazioni nelle ferite andate, e che non voglia fissare date future. Che non sia un appendiabiti a cui attaccare la propria pena. Che sia il presente della gioia, che faccia di ogni istante un’alba, senza fermare i passi che verranno. Ogni possibile passo, anche quelli in cui potremmo perderci, andare lontano.
All’inizio non capivo, ti chiedevo di non aggiungere male al male. Ora comincio a farlo: so che si tratta di guardare davvero in faccia la vita. Di fidarsi. Che nessuno ti può portare via quello che è tuo, e nessuno può darti quello che tuo non è. E questo deve bastare e non serve scriverlo in alcun contratto. Si tratta solo di essere, di fare di ogni respiro un momento pieno di verità.
Una sola cosa mi hai detto dal primo momento: che mi avresti insegnato a riposare. Mi chiedevo perché queste parole, quando avremmo potuto rinnovare la passione, quando avremmo potuto stringere insieme le nostre vite. Ora so che questo amore alto è in realtà il riposo più vero. E tutto il tenersi, l’aggrapparsi, l’appoggiarsi paiono dare requie, ma sono la radice di dolore e delusioni a venire.
Così, da quando non ho più paura di perderti, per la prima volta ho iniziato a dormire. E se un giorno non ci dovessimo trovare, se una sera arrivassi ancora al solito posto alla solita ora e tu non ci fossi, non sarebbe più la fine: perché in questo luogo si arriva per festeggiare un amore che si è trovato, non per chiederne, non per mendicare quello che un altro può portare.
Saprei che sei felice dove sei. Imparerei ad esserlo anche io.