Poco fa, mentre cenavo nella veranda della casetta trasparente, murata solo con veli antizanzara per non interrompere il contatto della natura, ho sentito parlare di rivoluzione. Sì, proprio di ‘Rivoluzione’. Si diceva: “la rivoluzione forse non è ancora così imminente”. Caspita, la Rivoluzione, che paura, era un po’ che non la sentivo nominare. Cioè, in diretta non ne ho sentito parlare per motivi anagrafici, però pensavo che in generale il discorso fosse stato archiviato, che alcuni esempi non felicissimi della Storia fossero bastati a girare pagina per ideali meno chiassosi e più alti, se non è chiedere troppo. Invece qui qualcuno ancora sogna la Rivoluzione!
Avete presente i ragazzi del ’68 e poi dei ’70 che sfrecciavano con le Harley Davidson nelle strade sterrate in segno di libertà, sventolando barbe folte e capelli lunghi tenuti con una bandana sulla fronte sui petti nudi abbronzati? Sono tutti qui. I capelli sono bianchi, sempre lunghi; i petti hanno pieghe di pelle che si accartocciano come il soffietto di una fisarmonica arso, ma non hanno mollato impeto e ideali. Anzi: molti di quelli che hanno sognato e fondato Auroville vengono da quel mondo di sognatori, fortunatamente volto per i più da una ricerca esteriore ad una ricerca interiore. Dal cambiare il mondo al cambiare se stessi.

Però ancora, quando è l’ora del tramonto e il cielo arrossa, il romanticismo si risveglia con tutte le sue nostalgie. Anche rivoluzionarie. Allora capita che qualcuno tiri fuori una chitarra, si accenda un fuoco e si arrivi anche a parlare proprio di Rivoluzione.
Io stessa, che giro con lo scooter, che non avevo mai guidato prima, mi sono accorta precisamente che credevo di fare una vita naturale, spirituale, immersa nel creato, invece sto conducendo una vera e propria vita hippie. Fondamentali per sopravvivere qui sono: indipendenza, ecologia, adattabilità. Queste sono state le istruzioni che ho ricevuto quando mi sono state date le chiavi della casetta: ti prendi una moto, di là… ma sarebbe troppo complicato spiegarti come, arrivi al centro di Auroville; di là, ma sarebbe ancora più complicato, vai ai villaggi e al mare. Sbagli un po’ di volte poi la impari.
E poi, capitolo riciclo dei rifiuti: separi la carta, la plastica, il vetro in borse di plastica che ricicli e lavi. Lavi anche la plastica e il vetro. Invece la carta igienica e i tuoi altri eventuali rifiuti sanitari li bruci da te. Come li brucio? ho chiesto. Sì, li devi bruciare. Li devo bruciare. E giuro, non bruciano neanche a morire. Dovrebbero anzi farne una variante: con ali, senza ali e combustibili.

Oggi dietro la casetta, mentre avevo acceso il mio piccolo inceneritore, c’era un’altra donna che girava facendo finta di niente, poi ha preso coraggio e ha fatto anche lei il suo falò soffiando forte con le guance gonfie sperando di vincere la natura ignifuga di questi affari. E come capita tra donne, ci si è messe a parlare. “Ma i cioppini con il ferretto dentro dei sacchetti del pane in che immondizia vanno? E i tappi metallici delle bottiglie, e le etichette di stoffa dei vestiti, e i bastoncini dei cottonfioc?”, non abbiamo saputo rispondere e credo che ritorneranno con noi in valigia a casa.

Nel frattempo ho fatto anche il mio primo vero bucato, con una lavatrice degli anni ’70. Ma siccome stanno rifacendo le strade perché a giorni verrà il Primo Ministro a visitare Auroville per i suoi 50 anni di utopia vivente, la corrente salta ogni momento. Quindi, dopo 6 ore di lavatrice, ho anche io tutti i miei vestiti che puzzano di muschio e altri ecosistemi di acque stagne. In fondo però sono felice.
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