La strada personale della felicità

Ognuno è pioniere della propria felicità

In questi tempi vengo spesso interrogata sulla felicità. E mi accorgo che in realtà, mentre spiego, chiarisco soprattutto a me il significato di questa parola tanto vulnerabile.

Innanzi tutto, ho capito che la felicità è una direzione: è un iniziare a fare il tifo per le proprie tendenze più alte, smetterla di compiacersi di tutto ciò che tira verso il basso. Anzi è un esercizio di sottrazione alle abitudini di perdita per rispondere ad un’altra gravità: una forza che eleva anziché precipitare. Ed è quindi l’espansione luminosa che avviene ogni volta che uno dei fili che ci legava al fondo viene sciolto.

Ma la felicità non è solo un orizzonte, è anche tutti i passi che portano a questa meta. Allora potremmo definirla come la capacità di accogliere ogni cosa che ci venga portata dalla vita, affinché facciamo il percorso di liberazione. E questo cammino include prove, gioie, dolori. Di tutto ciò, senza esclusione, è fatta la felicità. E così, allora, è una felicità davvero sicura, stabile, che non viene portata via dalla delusione delle aspettative, poiché è la verità quella che si sta invocando, senza paura.

Ieri, inoltre, mentre guidavo dentro i colori dell’autunno, lontano dalla città, nei primi colli che terminano l’ampia pianura del Po, mi si è rivelato un altro tassello . Ero andata lì per incontrare una coppia fuggita da Milano, ormai da otto anni, per vivere in una casa che stanno costruendo da sé, una casa di legno, sabbia e paglia, in mezzo al verde e al cielo. Per vivere, insomma, come dicono di voler fare in molti: ma loro l’hanno fatto davvero.

Mentre chiedevo loro se credessero che questo fosse il futuro, alternativo al sogno di benessere soprattutto economico che ha guidato finora la società, ho sentito che qualcosa in me non credeva alla domanda. Se non per il fatto che stavo parlando io di me stessa, ma non credevo nel modello. Nella felicità che si fa dottrina, ideologia. E oggi quando stavo cercando di raccontare l’incontro, all’improvviso mi è stata chiara una nuova cosa, che era già in me ma che ancora non mi si era definita con chiarezza.

Ho capito che non esistono dei battitori di sentieri di felicità: che la felicità è un discorso che ciascuno può soltanto dire per sé, e compierlo seguendo la propria mappa interiore, e nessuno può conoscerla, suggerirla, farla copiare. Ciascuno è pioniere della propria felicità. E qui con felicità intendo quello che nella filosofia indiana si indica come Dharma, la giusta azione, ovvero la propria missione. E penso anche che se tutti davvero incarnassero la propria missione il mondo sarebbe già il paradiso.

E non lo è proprio perché cerchiamo di essere tutti uguali, anziché tutti diversi.

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